Tisettanta: «Nei mobili tagliare spese di marketing e pubblicità»

Fonte: www.ilsole24ore.com di Vittorio Carlini

tisettanta-324 (1)Fondamentale, in questo periodo, è ridurre i costi. In particolare quelli di marketing e comunicazione». Marco Moretti, direttore generale di Tisettanta, per navigare nella recessione va a caccia dei costi superflui. Che, nel caso della storica azienda lombarda, con 125 dipendenti, un giro d’affari sui 25 milioni, e leader nelle produzione di mobili, si trovano anche, e soprattutto, nella pubblicità «che dev’essere razionalizzata». «Spesso, per esempio – ricorda il manager -, produciamo cataloghi che sono replicati dai nostri stessi clienti. Uno spreco non più sostenibile». E quindi, avete eliminato questa voce di spesa? «Non è così semplice». Cosa intende dire? «Il settore retail, quello con i più alti margini, è costituito da molti operatori cresciuti in periodi di vacche grasse, quando il guadagno era piuttosto facile. Non si è creato un veroapproccio imprenditoriale al business: l’improvvisazione, e anche l’ingenuità, sono molto diffusi. Così, adesso che ci troviamo in mezzo alla crisi, non si comprende l’utilità nel taglio di simili spese». Insomma, il negozio di mobili continua a pensare che senza il catalogo, o la pagina di pubblicità sul giornale, il business non possa resistere. «Invece, più che ai cataloghi – sottolinea Moretti -, bisogna che, sia le aziende sia gli operatori, stiano vicino al proprio cliente, consolidando i rapporti. Offrendogli il prodotto migliore». L’innovazione di prodotto  Anche perché quello dei mobili, seppure di alta fascia, è un settore a scarso contenuto tecnologico. Dove, sempre per fronteggiare la crisi, «l’innovazione va realizzata sul design e con prodotti più funzionali». Per esempio? «Pensiamo ad un armadio che spesso, visto anche il boom di case con piccole metrature, diventa un oggetto ingombrante. Noi offriamo soluzioni per spostarlo, smontarlo velocemente e in maniera semplice. Magari, per poter pulire meglio sia la casa sia il mobile stesso. Sembrano piccole cose ma, proprio in momenti come questi, fanno la differenza e incentivano all’acquisto». Rispetto, invece, al processo produttivo non pensate ad una razionalizzazione? «Anche lì interveniamo. Stiamo rinnovando il parco macchine: oltre ai macchinari che producono in serie un grande numero di pezzi, abbiamo quelli che realizzano semilavorati ad hoc, per le esigenze più disparate». Insomma, dove si può si spinge suilla fleissibilità produttiva per fronteggiare le esigenze del cliente.  Tra domanda schizofrenica e cassa integrazione  Già, i clienti. Attualmente il fatturato di Tisettanta è composto per il 60% dal mercato retail e dal restante 40% dai cosiddetti contractor, cioè grandi garndi clienti e grandi commesse: dagli alberghi fino ai costruttori di interi edifici. «Quest’ultimo settore – dice il manager di Tisettanta -, di recente, ha aumentato la sua importanza, sebbene abbia una marginalità più bassa rispetto al retail. Tuttavia la domanda rimane schizofrenica: ci sono improvvise accelerazioni e successivi stop. Una situazione che, alle volte, ci ha costretto a richiamare dei dipendenti dalla cassa integrazione, perdendo così i benefici dell’ammortizzatore sociale». Di cui, peraltro, in questo momento l’azienda si serve per abbattere i costi di produzione: la cassa integrazione è stata chiesta fino a fine anno e, attualmente, sono coinvolti 30 dipendenti.  Comunicare in azienda la realtà delle cose  Una situazione che, ovviamente, non è facile da gestire. «In un’azienda come la nostra il fattore umano è fondamentale. Ci conosciamo quasi tutti personalmente: quindi, mi sforzo di spiegare bene, in tutti i dettagli, la situazione» . Ma ha cambiato il modo di comunicare in azienda? «Dico come stanno veramente le cose, senza nascondere alcunché. Parlo spesso con i caporeparto. Anche perché il rischio è che, con la riduzione dell’attività produttiva, subentri una certa decocentranzione. Una situazione che non ci possiamo permettere: puntando sulla qualità, la minima sbavatura» si rischia di pagarla molto cara.